Rosario Gagliardi

Rosario Gagliardi

Title: Duomo di San Giorgio

Duomo di San Giorgio

Descrizione

La cupola è sorretta da 16 colonne di gusto neoclassico, è alta 43 metri ed ispirata a quella del Pantheon di Parigi. L’edificio religioso si pone maestoso al di sopra di una monumentale scalinata e la sua posizione obliqua rispetto alla piazza sottostante ne accentua l’imponenza. La facciata, a tre ordini, segue lo schema della facciata “a torre”: si sviluppa verso l’alto in modo piramidale e ingloba il campanile nel prospetto, terminando con una cuspide a bulbo. 

Il portone centrale è finemente scolpito con sei altorilievi, realizzati dal palermitano Vincenzo Fiorelli, raffiguranti scene del Martirio di San Giorgio. Nel secondo ordine trova posto una cornice con intagli, impreziosito da una vetrata colorata raffigurante San Giorgio nell’atto di uccidere il drago; ai lati, su due artistiche volute, le statue equestri di San Giorgio e di San Giacomo Apostolo. Il terzo ordine ospita la cella campanaria sopra la quale campeggia un antico orologio e ai lati della quale, sulle volute laterali, sono installate due statue di San Pietro e San Paolo. 

L’interno è a croce latina, con tre navate separate da due file di robuste colonne: in alto la navata maggiore, coperta da una volte a botte, e presenta delle finestre chiuse da vetri colorati, di cui 13 rappresentano gli episodi del Martirio di San Giorgio, realizzati su disegni di Amalia Panigatti.

Sulla  navata centrale è installato il monumentale organo di fine Ottocento; nelle navate laterali vi sono 13 cappelle decorate con pregevoli dipinti, quello del Riposo in Egitto dipinta da Dario Guerci nel 1864 e quella della Immacolata e del San Nicola di Vito D’Anna. 

Sopra gli ingressi laterali sono presenti due nicchie, dove sono conservati i due simulacri, che vengono portati in processione per le strade durante la festa patronale della città. In una nicchia si conserva l’Arca Santa e l’urna reliquia in argento dei primi dell’Ottocento. Nella nicchia sopra l’ingresso laterale sinistro, vi è il simulacro di San Giorgio, Patrono di Ragusa Ibla.

Riferimenti storici

La primordiale chiesa venne infatti gravemente danneggiata dal terremoto, restando in piedi parte della facciata, alcune cappelle e parte della Cappella maggiore. Per cui venne costruito un ampio locale adiacente alla navata sinistra del vecchio tempio, in cui poter svolgere le sacre funzioni. 

Nel secondo quarto del secolo XVIII si pensò al trasferimento della chiesa in una posizione più centrale: i lavori furono iniziati nel 1739, mentre la cupola verso il 1810 e nel 1890 fu eseguita ed installata la magnifica cancellata in ferro sormontata da una piccola statua equestre di San Giorgio, che cinge la scalinata e accresce l’effetto ascensionale.

Title: Duomo di San Giorgio

Duomo di San Giorgio

Descrizione

Posta tra la parte alta e la parte bassa della città, è l’architettura più imponente di Modica. Presenta una scalinata monumentale, con i suoi ben 260 gradini, intervallati e circondati da giardinetti, che porta all'imponente struttura della chiesa. 

La facciata a torre è scandita dalle colonne che la dividono in 5 campate, dove si alternano forme concave e convesse, che donano movimento e plasticità alla struttura. 

All’interno è in stile romano a croce latina e presenta cinque navate, con cinque portali esterni e quattro ordini di colonne in pietra. Nella parte centrale, dove le navate intersecano il transetto, si innesta una cupola, alta ben 36 metri.

Riferimenti storici

Le origini della struttura risalgono al 1150, quando la chiesa vennne posta sotto la tutela del Monastero di Mileto, in Calabria.

Si dice che il Duomo venne edificato come piccola chiesa appena dopo il martirio del Santo nel 300 d.C. e di nuovo intorno al 1090, grazie al Conte Ruggero, che volle erigere l’imponente chiesa in onore del Martire Guerriero. 

I numerosi terremoti del 1542, 1613 e 1693 hanno fortemente danneggiato la struttura, al punto che si preferì demolirla e ricostruire una chiesa nuova sopra quella già esistente.

Iconografia

Sulla figura di San Giorgio tante sono le leggende, molte sono tradizionali e legate alle città; basti pensare che in Sicilia sono diverse le città che hanno almeno una chiesa dedicata a San Giorgio e ogni città possiede una propria tradizione legata alla vita del Santo. 

La vita di San Giorgio rappresenta il bene che vince sul male, la luce che vince sulle tenebre. 

Il culto di san Giorgio è frutto delle crociate e quindi della vittoria dei soldati cristiani contro le truppe musulmane, dove San Giorgio divenne il protagonista di una leggenda che lo incoronò per sempre come il cavaliere coraggioso della cristianità. Rappresenta anche il combattimento quotidiano di ogni cristiano contro il male.

Nel mito, conosciuto come “San Giorgio e il drago”, il santo incarna il valore del bene assoluto che si batte, e vince, contro il male, rappresentato da un drago sputafuoco.

Title: Palazzo Nicolaci

Palazzo Nicolaci

Descrizione

L’inizio dei lavori cominciò nel 1720, anche se fu completato da Vincenzo Sinatra soltanto nel 1765. Residenza nobiliare urbana della famiglia Nicolaci, in pieno stile barocco, la facciata è caratterizzata da un ampio portale fiancheggiato da due grandi colonne ioniche e sormontato da una balconata; ai lati troviamo una sequenza di balconi delle inferriate in ferro ricurvo, sorretti da mensoloni in pietra scolpita con le sembianze di figure quali sirene, leoni, sfingi, ippogrifi, cavalli alati e angeli.

L’edificio si articola su quattro piani: il pianterreno, detto “dammusato”, destinato alle scuderie ed ai magazzini per le scorte di generi alimentari; il primo piano, detto “mediastino”, era l’abitazione del barone, Giacomo Nicolaci, committente dell’edificio; il piano superiore era adibito a residenza nobile dei familiari; l’ultimo piano, il sottotetto, era destinato alla servitù.

Riferimenti storici

L’ala principale di palazzo Nicolaci è stata acquistata dal Comune di Noto nel 1983 ed è stata completamente recuperata grazie ad una serie di restauri, operati dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Siracusa sotto la guida dell’architetto Giovanna Susan. Questi interventi sono stati mirati al ripristino degli appartamenti, con il rifacimento dei pavimenti, delle carte da parati, del restauro dei dipinti e degli affreschi che decoravano tutti gli ambienti del piano nobile.

Iconografia

Sulla facciata del palazzo sono state scolpite figure grottesche come ippogrifi, leoni, sfingi, sirene, angeli e cavalli alati. 

All’interno dell’edificio, nel Salone delle feste, troviamo sul soffitto una copia dell’allegoria del carro di Apollo che insegue l’Aurora, di Guido Reni.

Title: Chiesa di Santa Chiara e Santa Rita

Chiesa di Santa Chiara e Santa Rita

Descrizione

La struttura attuale è stata costruita nel XVIII secolo su progetto di Rosario Gagliardi. Ha una forma circolare e presenta cinque lati retti e cinque lati curvi, dove si aprono le cappelle laterali e il presbiterio. 
L'interno presenta un piano centrico a croce greca e il prospetto presenta due piccoli campanili laterali.

Riferimenti storici

Secondo la tradizione, la Chiesa di Santa Chiara fu edificata dalla stessa santa di Assisi per favorire la presenza in Sicilia dell’ordine Mondiale delle Clarisse. La rapida diffusione dell’ordine e la sua presenza a Caltagirone suscitò nelle famiglie più facoltose della Città numerose vocazioni, cioè delle donazioni che consentirono di ampliare gli spazi a disposizione delle monache e di intervenire nell’abbellimento e nelle decorazioni della chiesa. 
Con la ricostruzione la devozione venne data a Santa Rita da Cascia (1381-1457), sposa, madre, vedova e monaca agostiniana. All’interno della chiesa si trovano dipinti rappresentanti scene della vita e sopratutto del culto legato alla Santa, che giustificano l’uso del nome della chiesa.   

Iconografia

Nella chiave dell’arco che oltrepassa il portale si trova la scultura di una mano che sorregge un ostensorio; si tratta della mano di Santa Chiara che, miracolosamente, respinse i saraceni che volevano saccheggiare il monastero di San Damiano in Assisi.

Riferimenti Botanici

Il pavimento, realizzato nel 1950, è in maiolica policroma e riprende l’antico disegno di Francesco Branciforti,  ceramista Calatino.
 Anche la balaustra è realizzata con la stessa tecnica.

Title: Chiesa di San Carlo Borromeo

Chiesa di San Carlo Borromeo

Descrizione

La chiesa è nota anche come Chiesa del Collegio per l’annesso monastero dei gesuiti. 

Edificata a partire dal 1730, è dell’antica residenza dei Gesuiti di Noto. 

All’interno è a pianta longitudinale, con tre navate coperte da una volta a botte e scandite da semi colonne. La concavità dell'abside è richiamata, nei pressi del portale, da un corrispondente atrio curvilineo. Nella cantoria, sopra l’ingresso della chiesa, si trova un organo settecentesco ampiamente decorato.

La facciata, a tre livelli, è caratterizzata dall'uso di colonne libere coronate da capitelli di ordine dorico, ionico e corinzio e dal caratteristico andamento mistilineo-convesso. 

Riferimenti storici

La chiesa andò a sostituire la costruzione che esisteva in precedenza, crollata in seguito al terremoto della Val di Noto del 1693. 

La  campana e l'altare maggiore provengono dalla chiesa dei Gesuiti della Noto Antica.

Note bibliografiche

Puglisi, V., "Studi e interventi sul prospetto della chiesa di San Carlo Borromeo a Noto", in Annali del Barocco in Sicilia. Il restauro del Barocco nella cittĂ  storica, Gangemi, Roma 2004

Title: Chiesa di San Domenico

Chiesa di San Domenico

Descrizione

La chiesa di San Domenico è una architettura fra le più importanti del barocco. Fu edificata come istituzione conventuale dei padri domenicani presenti già in Noto antica fra il 1703 ed 1727. 

La facciata è a due ordini, il primo dorico ed il secondo ionico, mentre la parte centrale sporge verso la strada con forma convessa. 

L'interno è strutturato su una pianta a croce greca allungata, con cinque cupole riccamente decorate da stucchi e con altari laterali con dipinti settecenteschi, tra i quali spicca in particolare la Madonna del Rosario di Vito D'Anna. 

L'ex convento è stato in gran parte ricostruito eccetto che nell'ala verso sud.

Riferimenti storici

L’ex convento adiacente fu la nona istituzione dell'Ordine dei frati predicatori in terra di Sicilia, fondata nel 1344 e originariamente sotto il titolo dell'Annunziata.

Note bibliografiche

Tobriner, S.,  La genesi di Noto, Bari, Edizioni Dedalo, 1989.
Touring Club Italiano-La Biblioteca di Repubblica, L'Italia: Sicilia, Touring editore, 2004.
Lopez, J.,  "Quinta parte dell'Istoria di San Domenico, e del suo Ordine de' Predicatori’’, pagina 366.

Title: Chiesa di Santa Chiara

Chiesa di Santa Chiara

Descrizione

Progettata da Rosario Gagliardi intorno al 1730, venne completata nel 1758 e fu annessa al monastero. 

L'esterno è caratterizzato dalla presenza di una torre campanaria, ornata negli angoli da due capitelli. All’interno presenta una pianta centrale di forma ellittica, sul modello delle chiese ellittiche romane edificate tra Cinquecento e Seicento. Lo stile architettonico barocco si riconosce grazie alle numerose decorazioni con stucchi e putti. Sulle dodici colonne interne sono presenti le statue degli apostoli, eseguite dal decoratore e stuccatore Basile. Nell'altare di destra è conservata la pala del 1854, I Santi Benedetto e Scolastica, del pittore palermitano Salvatore Lo Forte.  In quello di sinistra è, invece, custodita una Madonna col Bambino cinquecentesca in marmo, attribuita ad Antonello Gagini.

Riferimenti storici

Originariamente l'unico portale della chiesa era quello situato lungo Corso Vittorio Emanuele, ma  verso la fine del XVIII secolo ne fu aggiunto un altro dal lato di via Pier Capponi, a causa di alcuni lavori lungo il Corso. Dopo il completamento dei lavori fu però riscontrato un notevole abbassamento del piano stradale, che rese pertanto inagibile il portale originario, tanto che oggi l'unico accesso alla chiesa è quello da via Pier Capponi.

La chiesa è stata oggetto di lunghi lavori di restauro, conclusi nel 2006 a cura dello Studio di ingegneria Stancanelli-Russo di Catania e dell'Architetto Giovanni Amandorla di Palermo.

Title: Chiesa San Giuseppe

Chiesa San Giuseppe

Descrizione

La facciata a tre ordini, ricca di intagli e sculture, è ornata dalle grandi statue dei Santi dell'ordine Benedettino: San Benedetto e San Mauro in alto, Santa Gertrude e Santa Scolastica in basso. Due statue più piccole, ai lati del portone d'ingresso, raffigurano San Gregorio Magno e Sant'Agostino.

Quattro pilastri e quattro colonne, caratterizzate da una vistosa rastremazione verso la base e poste su alti basamenti, dividono il prospetto in tre partiti, dove i due laterali hanno soltanto il primo ordine e terminano con le due statue, affiancate a grandi volute.

Il partito centrale, convesso a due ordini, termina con un timpano spezzato sopra il quale si trova la cella campanaria, a tre luci, sormontata da un fregio: nel primo ordine si apre il portone d'ingresso, sormontato da un fregio a motivi vegetali; nel secondo si apre, invece, una grande finestra con la grata in ferro battuto "a petto d'oca".

L'interno presenta una pianta ovale. La copertura è costituita da una grande volta a cupola, al centro della quale si trova un affresco di Sebastiano Monaco, raffigurante la Gloria di San Giuseppe con San Benedetto. La volta e le pareti sono decorate da stucchi a motivi neoclassici,  gli altari sono rivestiti di vetro dipinto ad imitazione del marmo e sono sormontati da grandi tele di Tommaso Pollace e Giuseppe Crestadoro, raffiguranti La Trinità, San Mauro, San Benedetto e Santa Gertrude. Il pavimento è in lastre di calcare bianco con intarsi in pietra pece e mattonelle in maiolica. Nelle nicchie del vestibolo d'ingresso si conservano le statue di San Benedetto, del XVII secolo, e di San Giuseppe, del 1785. 

Riferimenti storici

La storia del Monastero “S. Giuseppe” inizia quando Carlo Giavanti, barone di Buxello e Saccubino, si impegnò a sostenere la realizzazione di un monastero di Montevergine, sotto il titolo di San Giuseppe, mettendo a disposizione un vasto complesso di fabbricati di sua proprietà, insieme con dei terreni e delle rendite che ne garantirono il sostentamento. Egli interviene a favore del nascente monastero, assumendosi l’onore del mantenimento del parroco della chiesa, al quale assegna uno stipendio annuale grazie alle rendite di alcune terre e di un giardino. Tuttavia il barone muore nel settembre del 1606, senza poter assistere all’apertura del monastero che, seppur completo, ancora oggi non è abitato.